Progetto LUISS - MiSE
innovazioni circolari nell’agricoltura food e nonfood

Agroindustria nei seminari di LUISS Business School per il rilancio sostenibile del paese in accordo con l’agenda 2030 dell’ONU. Il documento presentato
Le applicazioni dell’economia circolare nell’agricoltura sono il tema dello studio al quale è dedicato uno dei tredici seminari webinar di “Italia 2030”, il progetto MiSE e Luiss Business School per l’Italia sostenibile.
Si tratta di uno dei contributi della università LUISS alla comprensione e alla traduzione in azioni degli impegni assunti con la dichiarazione dell’ONU “Trasformare il Nostro Mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”.
Il documento e la sua presentazione sono disponibili integralmente nel sito della LUISS Business School.
L'obiettivo generale dell'ONU per 2030 si può riassumere nell'eliminazione della povertà senza rovinare, in modo forse irrimediabile, l'ambiente nel quale si vive; errore comunque destinato a portare miseria. L'espressione "economia circolare" indica da qualche tempo un approccio di minimizzazione dell'impatto ambientale delle scelte economiche: una chiave per la problematica impresa.
Per raggiungere questo difficilissimo bilanciamento le Nazioni Unite si ripromettono integrazione economica, sociale, ambientale e di governance dello sviluppo, attraverso l'impegno di tutti i paesi in un percorso di sviluppo comune senza lasciare indietro nessuno. Cinque “P”- Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership - rappresentano i principi sui quali poggia l’Agenda.
Il preambolo della dichiarazione afferma:“Siamo decisi a liberare l’umanità dalla tirannia della povertà e vogliamo guarire e rendere sicuro il nostro pianeta per le generazioni presenti e future. Siamo determinati a fare i passi coraggiosi e trasformativi che sono urgenti e necessari per mettere il mondo su un percorso più sostenibile e duraturo. Mentre iniziamo questo cammino comune, promettiamo che nessuno sarà escluso”.
Passare dalle grandi dichiarazioni generali alla individuazione e attuazione sorvegliata delle prassi idonee è molto complesso.
Su questo si stanno impegnando i governi nazionali in dialettica con le organizzazioni della società civile, come le associazioni di categoria, e con gli enti di ricerca scientifica.
Già in sede ONU sono stati indicati 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile con 169 risultati attesi nei prossimi 15 anni. Per la misurazione di quanto sarà realizzato, la commissione statistica dell’ONU e un gruppo di esperti stanno definendo circa 240 indicatori globali sociali, economici, ambientali e di governance.
La LUISS Business School, ha affiancato il Ministero dello Sviluppo Economico in “Italia 2030”, un progetto di sistema a supporto di decisori politici e portatori di interessi economici e sociali nella comprensione dell’economia circolare e delle sue opportunità per la crescita sostenibile del Paese.
Sono stati attivati 15 tavoli di lavoro specialistici, con la collaborazione di Cassa Depositi e Prestiti, Enel, Eni, Generali, Intesa Sanpaolo, Italgas, Leonardo, Poste Italiane, Snam e Terna. Gruppi e aziende si sono confrontati con università quali Gran Sasso Science Institute, Politecnico di Bari, Politecnico di Milano, Politecnico di Torino, Università Bocconi, Università Cattolica, Università degli studi di Napoli Federico II, Università La Sapienza, Princeton University.
I risultati degli approfondimenti sono ora presentati in 13 webinar aperti.
“Abbiamo promosso ‘Italia 2030’ per dare vita a un piano di azione congiunto in cui l’economia circolare fosse al centro delle strategie per il futuro del Paese, a partire proprio da conoscenze e competenze. Solo se continueremo ad avvicinare le opportunità dell’economia circolare a cittadini e aziende, le sue potenzialità diventeranno reali. È una necessità per il Paese, che non può permettersi di perdere il treno della sostenibilità, ed è resa ancora più impellente alla luce della direzione green del Recovery Fund”, ha commentato Stefano Buffagni, Viceministro allo Sviluppo Economico.

“Serve un approccio sinergico per scrivere il futuro del Paese e in questo il ruolo delle università deve essere centrale” ha dichiarato Paolo Boccardelli, Direttore della Luiss Business School. “Ricerca e competenze devono essere sviluppate nell’ottica di supportare i decisori politici e le aziende nella definizione delle strategie di crescita e innovazione, ancora di più oggi che le sfide sono globali e richiedono un impegno congiunto da parte del mondo del business e delle istituzioni”.
"L’economia circolare trova nel settore agroalimentare ampi spazi di applicazione e di vera e propria eco-progettazione, estendendo i benefici per il settore ben oltre l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, la riduzione dell’uso di sostanze dannose per l’ambiente e della produzione di rifiuti." - afferma la presentazione della LUISS, che aggiunge:- "L’adozione di modelli basati sull’economia circolare può generare infatti un cambiamento più complesso dei sistemi di produzione e consumo, creando valore sociale, economico e ambientale."
Si potrebbe osservare che è nell'essenza dell'attività agricola la preservazione o riproduzione delle risorse naturali sfruttate, in pratica il concetto ora chiamato "economia circolare", per quanto, come in tutte le attività umane, nelle pratiche agricole si siano verificati errori, con danni ambientali anche notevoli.
Per minimizzare gli errori e massimizzare i benefici, è ormai chiaro, occorre un approccio scientifico come quello sostenuto da Agronetwork e dai suoi soci, a partire dai fondatori Confagricoltura, Nomisma e LUISS.


Le proposte di “Italia 2030” per il settore agricolo e della trasformazione sono state presentate da Albino Maggio, Università degli Studi di Napoli Federico II, Danilo Demarchi, Politecnico di Torino, e Stefania Trenti, responsabile per la ricerca industriale della banca Intesa Sanpaolo, Hanno contribuito alla stesura del capitolo sull'agricoltura anche Leonarda De Grandis (ENI SpA), Cesare Manetti (Università di Roma La Sapienza), Giuseppe Perrone (ENI SpA) Francesco Zecca (Università di Roma La Sapienza).
Il settore agro-alimentare, che coinvolge tutte le attività agricole a monte e la produzione di beni destinati all’alimentazione umana e animale a valle, è importante per la essenzialità della nutrizione e la necessità di tutelare la salute, ma anche per la cura del territorio e la trasmissione di identità culturale.
Il documento presentato, premessi questi aspetti qualitativi, riassume quelli quantitativi che confermano l'importanza della agroindustria italiana.
"Nel 2018, secondo i dati di Contabilità Nazionale, il sistema agro-alimentare italiano ha raggiunto 63,1 miliardi di euro di Valore Aggiunto a prezzi correnti, (circa il 4% del PIL), occupando 1,4 milioni di persone (sia dipendenti che autonomi, pari al 5,6% del totale degli occupati nel nostro paese)."
"Nel confronto europeo, nel 2017 (ultimo anno in cui sono disponibili statistiche uniformi) quello italiano è il terzo sistema agro-alimentare in termini di valore aggiunto dopo quello francese e tedesco, con un peso del 12,2% sul totale dell’UE282. In termini occupazionali, invece, l’Italia si trova al terzo posto in Europa dopo Polonia e Romania per l’agricoltura, silvicoltura e pesca, ed al quarto posto dopo Germania, Francia e Polonia per quanto riguarda le persone occupate nel settore alimentare, bevande e tabacco."
"Il sistema agro-alimentare italiano presenta alcune peculiarità importanti, che occorre tenere presente nel disegnare una policy di settore. Uno degli aspetti più caratterizzanti è la ridotta dimensione media degli operatori italiani rispetto a quelli degli altri paesi europei."
La prevalenza in Italia di coltivazioni ad alta resa innalza però il valore della produzione medio per ettaro.
L'industria di trasformazione in alimenti e bevande presenta nel nostro paese una forte polarizzazione tra molte aziende di piccole e piccolissime dimensioni e un centinaio nella fascia sopra i 250 addetti. Le grandi aziende agroalimentari italiane sono minori in numero ma mediamente più grandi che negli altri paesi europei.
Nelle esportazioni l'Italia, partendo svantaggiata, ha saputo colmare i divari con il massimo grado di diversificazione del prodotto, spesso di gamma alta, superando gli altri paesi nelle certificazioni DOP, IGP e STG: 300 per gli alimenti e 561 per le bevande. Nel decennio 2008 - 2018 il valore delle esportazioni agroalimentari italiane è cresciuto di 15 miliardi di euro, superando i 41, con percentuali più che doppie rispetto la crescita complessiva dell’export italiano.
Sia pure molto ridotto rispetto al passato permane un saldo negativo tra importazioni ed esportazioni agricole e alimentari.
Le piccole dimensioni di molte aziende non hanno impedito all'Italia di innovare molto, con risultati analoghi alla Francia per investimenti in ricerca e sviluppo, percentuale di imprese innovative e numero di brevetti.
Un punto di forza sono state le sinergie con l'industria meccanica nazionale, anch'essa innovativa e fortemente orientata verso il settore agricolo e quello della trasformazione.
Tuttavia, nota il rapporto, è arrivato il momento, anche in agricoltura, delle tecnologie digitali, principalmente a supporto delle decisioni imprenditoriali lungo tutta la catena. Del resto, viene da chiosare, lo sviluppo della scienza statistica è storicamente collegato all'ottimizzazione della filiera agroindustriale. Un passo quasi famoso come le analisi statistiche sull'assistenza ai soldati di Florence Nightingale fu compiuto da William Sealy Gosset, noto con lo pseudonimo Student, impegnato nell'ufficio studi della birra Guinness per produrre indicazioni utili ai coltivatori della materia prima.
Per raccogliere dati utili si può fare affidamento sulla rapidità dell'Internet of Things (IoT) "Internet delle cose" e la profondità storica del "data mining" inteso come ricerca nei dati preesistenti.
Lo studio elaborato raccomanda strumenti per il "monitoraggio", sistemi robotici (inclusi i droni), reti di comunicazione adeguate. Inoltre, in una logica olistica e circolare della filiera, sono molto importanti le tecnologie di controllo della qualità del cibo, anche con soluzioni per l'ottimizzazione dei processi analoghe a quelle utilizzate nel settore farmaceutico.
L'approccio dell'economia circolare potrebbe consentire all'agricoltura un contributo importantissimo al reintegro del carbonio nei terreni necessario per aumentare la resa delle coltivazioni e ridurre la dispersione di anidride carbonica in atmosfera.
Nella visione esposta dal gruppo di lavoro la circolarità non è solo da ricercare nei cicli produttivi fino al riutilizzo degli scarti, ma anche nell'organizzazione del lavoro e in nuove apparecchiature e infrastrutture sia agricole sia industriali. Tra gli esempi, la distribuzione mediante catene digitalizzate, anche informative.
Si può aggiungere che, a maggior ragione dopo le complicazioni dovute al Covid, gli sviluppi auspicati richiedono l'intervento pubblico sulle infrastrutture e i finanziamenti, come emerso anche nelle attività di Agronetwork,
Le attività umane determinano il 95% dell'aumento dei gas che scaldano l'atmosfera terrestre per effetto serra. Lo studio considera la parte, tra le più rilevanti, dovuta al consumo alimentare e distingue il ruolo della produzione agro-alimentare.
Nei paesi più ricchi gli stili di consumo determinano maggiori sprechi, molti dei quali nelle fasi di trasporto e scarto finale.
E' proprio la attività agricola in senso stretto che, oltre a pesare meno in questa contabilità negativa, può contribuire positivamente. Aumentare le coltivazioni comporta la sottrazione di anidride carbonica dall'atmosfera.
Comportamenti virtuosi occorrono comunque in tutte le fasi di produzione, trasformazione e consumo.
Un paragrafo del documento è dedicato alla bioeconomia, intesa come "sistema che utilizza le risorse biologiche terrestri e marine, così come i rifiuti, come input per l’alimentazione, la produzione industriale e di energia".
Il concetto è entrato ufficialmente anche negli atti della Unione Europea, in particolare con la Bioeconomy Strategy 2012.
I ragionamenti su economia circolare e bioeconomia sono intrecciati e in parte sovrapposti, anche negli atti ufficiali, come evidente confrontando il Circular Economy Action Plan del 2014, della U.E. In particolare la transizione da uso di risorse non rinnovabili a biomateriali stabilisce un legame diretto tra bioeconomia ed economia circolare.
La utilizzazione di fonti rinnovabili accomuna attività bio-economiche di settori diversi con differenti dinamiche economiche. La maggiore crescita dal 2008 al 2017 l'anno avuta l’industria alimentare e delle bevande, e i servizi legati al ciclo idrico e di gestione dei rifiuti.
Nel 2017, l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia in Italia ha generato un output pari a circa 328 miliardi di euro (Intesa Sanpaolo-Assobiotec, 2019), occupando oltre due milioni di persone. La bioeconomia rappresenta il 10,1% in termini di produzione e il 7,7% in termini di occupati sul totale dell’economia del nostro Paese nel 2017.
L’industria alimentare, delle bevande e del tabacco, è il primo comparto della nostra bio-economia per valore 134 miliardi di euro, il 40,9% del totale. Segue l’agricoltura ma le posizioni sono invertite in termini di occupati.
La Bio-economia interessa sempre più anche altri settori, come chimica, farmaceutica, produzione energetica.
Nei prossimi anni la percentuale di esportazione di alimenti e bevande sui fatturati dei produttori italiani dovrebbe aumentare anche se senza raggiungere le percentuali di altri settori. Ovviamente esistono vincoli strutturali e, trattandosi di beni primari, assorbimento massivo nei consumi interni.
I consumi nazionali tendono alla polarizzazione in base a qualità e prezzo su un livello economico e uno di pregio. Si prevede l'aumento dei consumi fuori casa e di pasti pronti affidati a servizi di recapito.
Sono raccomandate nel rapporto innovazioni di confezionamento e logistica, con tendenza verso grande distribuzione e consegne a domicilio. Ma è consigliato anche adattamento a diversi consumatori stranieri.
I consumatori, anche italiani, sono sempre più sensibili all'impatto ambientale.
E' necessaria azione congiunta in tutto il mondo, e difatti sono intervenute le Nazioni Unite per un indirizzo comune verso la sostenibilità economica e ambientale. I paesi europei nella loro unione possono agire come grande potenza globale e garantirsi reciprocamente la tutela dell'ambiente in spazi relativamente ristretti e molto popolati.
Uno dei sistemi utilizzati tramite la Commissione Europea per attuare gli indirizzi politici dell'Unione è sovvenzionare progetti attuativi. Nel nuovo programma Horizon sono previste cinque specifiche priorità: 1) Affrontare i cambiamenti climatici e la resilienza su terra e mare. 2) Effettuare la transizione verso una bioeconomia circolare. 3) Promuovere ecosistemi funzionali, sistemi alimentari sostenibili, stili di vita sani. 4) Promuovere le principali innovazioni della terra e del mare: nuovi prodotti, catene del valore e mercati. 5) Sviluppo di territori e catene del valore intelligenti e connessi nelle zone rurali e costiere.
La Commissione Europea ha manifestato un’attenzione particolare sugli argomenti legati allo sviluppo di tecnologie digitali a servizio dell’agroalimentare. Nel documento “Funding opportunities for digital transformation in agriculture and rural areas”14, redatto dalla DG Agriculture and Rural Development Research and Innovation Unit, si riporta come siano stati utilizzati 102 milioni di Euro per sostenere la ricerca in queste aree nel periodo 2018-2020.
Sono state identificate tre aree chiave di intervento:
- incoraggiare l'uso delle tecnologie digitali, anche attraverso la realizzazione di poli dell’innovazione dedicati;
- stimolare lo sviluppo di nuove tecnologie e modelli di business per:
- facilitare la condivisione dei dati e l'accesso e l'uso di fonti di dati aperti
- costruire un ecosistema di innovazione che fornisca un set completo di servizi (strutture di test, istruzione, formazione, supporto aziendale, ...) a tutte le persone interessate
- sviluppare e collegare i poli dell'innovazione digitale per offrire sostegno alle imprese, alle start-up e imprenditori nei settori ICT e agroalimentare nello sviluppo di nuove applicazioni adattate alle reali esigenze degli agricoltori
- Gestire l'impatto sulla società e sull'economia.
La ricerca di sostenibilità deve essere una delle guide sia per i produttori e i distributori sia per i governi chiamati a favorire le innovazioni.
Non si può però prescindere dai comportamenti dei consumatori. Con popolazione mondiale crescente e disponibilità di risorse in calo, occorre studiare ed attuare nuovi modelli di consumo.
l’Italia è sotto il livello medio nelle misurazioni di agricoltura sostenibile, e in quelle di spreco di cibo e sfide nutrizionali, collocandosi rispettivamente al diciannovesimo e diciottesimo posto. Il miglioramento del nostro paese è però tra i più rapidi. "Le imprese del sistema agroalimentare cercano sempre più di incorporare nelle loro strategie, in modo sistematico, obiettivi di sviluppo sostenibile soprattutto con riferimento all’impatto sociale ed ambientale delle loro attività." Una conferma è nella diffusa adozione di certificazioni anche non obbligatorie, relative alla sostenibilità ambientale e nella produzione di rapporti e bilanci sociali su questo aspetto.
Questi processi sono favoriti dalle maggiori dimensioni aziendali ma anche dalla attenta organizzazione delle filiere con equa ripartizione del valore aggiunto in ogni anello della catena.
Non basta l'impegno separato delle aziende, occorrono processi di collaborazione industriale e serve il sostegno statale.
Il rapporto raccomanda interventi politici di sostegno sui tre aspetti sinergici: 1) revisione di norme e vincoli per favorire lo sviluppo di un’economia circolare; 2) uso di risorse rinnovabili; 3) favorire strategie di sistema in cui si promuovono sinergie tra le componenti ambientale, economica e sociale.
Ma la massima attenzione deve essere rivolta anche alla "educazione formale e informale dell'intera popolazione". Un compito che richiede la collaborazione di università, enti di ricerca ed aziende.