Agronetwork e mercati esteri

Strategia nazionale per il mercato internazionale
“Il futuro dell’agroalimentare del nostro Paese è strettamente legato alla sua capacità di cogliere i benefici e le opportunità dei mercati esteri.”
Lo ha detto il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti intervenendo al convegno “The Italian Food Style: Nuove Terre, Nuovi Modelli”, riunito da Agronetwork il 14 novembre 2018 a palazzo Valle, in Roma, presso la associazione degli agricoltori.
Nell’incontro sono state presentate le nuove soluzioni di Agronetwork per analizzare e prevedere opportunità e modi di sviluppo internazionale dell’agroindustria italiana verso nuovi paesi frontiera a partire dall’esperienza di successo nei paesi bandiera.
La necessità e le caratteristiche di nuove strategie nazionali complessive è stata discussa tra imprenditori agricoli e alimentari e rappresentanti degli istituti di credito e delle istituzioni pubbliche per il sostegno all’esportazione.
Agronetwork, come ha evidenziato la presidente Luisa Todini contribuisce allo sviluppo delle imprese con analisi, proposte strategiche e servizi pratici.

















Il presidente di Confagricoltura Giansanti si è impegnato a riportare i risultati del convegno ai ministri Luigi Di Maio e Gian Marco Centinaio, rispettivamente responsabili dello Sviluppo Economico e delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e del Turismo; si tratta difatti di raggiungere un potenziamento, ma soprattutto il coordinamento strategico, delle politiche a sostegno dell’agricoltura e dell’industria italiana sui mercati esteri.
Sostenere l’agroindustria italiana è imprescindibile per il complessivo sviluppo globalizzato particolarmente necessario ad una economia di trasformazione che ha punti di forza nell’eccellenza del prodotto primario e delle tecniche di produzione.
L’alimentare italiano, assieme alla moda e, più ampiamente, il design, è il traino dell’immagine di eccellenza che rafforza complessivamente il paese e consente penetrazione e vantaggi di prezzo ai prodotti nazionali.
Istituzioni e imprenditori, come notato in diversi interventi, condividono una sorta di ritardo nazionale all’impegno sistemico. Le risorse pubbliche già stanziate sono parcellizzate in azioni separate, mentre in molti imprenditori che si presentano all’estero sembra prevalere lo spirito individualistico e competitivo verso i connazionali, piuttosto che una attitudine cooperativa e sistemica.
Con esportazioni annuali superiori ai 40 miliardi di euro ed in crescita, la direzione intrapresa dall’agroindustria italiana appare quella giusta, ha osservato la presidente di Agronetwork Luisa Todini.
In 10 anni l’esportazione è aumentata del 65% mentre, ha notato Denis Pantini di Nomisma, i consumi alimentari italiani non possono espandersi quantitativamente, anche per limiti demografici.
Tuttavia non ci si deve fermare agli esiti conseguiti prevalentemente in un limitato numero di mercati, definiti paesi bandiera. Esistono altri spazi da conquistare per crescere e differenziare i rischi. In particolare Agronetwork ha individuato l’opportunità di sviluppare la presenza dell’agroindustria italiana in alcuni paesi frontiera.
Agronetwork intende contribuire ad orientare i risultati futuri dell’agroalimentare italiano perché, attraverso innovazione e sinergie nazionali e internazionali, non si interrompa la crescita del fatturato all’estero che, grazie anche al riconoscimento economico del valore del cibo italiano, ha compensato alcune difficoltà dei consumi interni, nel corso della lunga crisi degli ultimi 10 anni.
Grandi risultati sono possibili ma richiedono impegno individuale e corale di imprenditori e istituzioni perché, come ha spiegato Denis Pantini, direttore di Nomisma Agroalimentare e Wine Monitor, per affrontare le particolarità dei mercati occorrono oltre alle capacità personali competenze fuori dalla portata degli imprenditori medio piccoli.
Agronetwork contribuisce, grazie alle competenze dei suoi soci, con analisi di scenario e previsioni delle prospettive internazionali per le aziende agricole e di trasformazione italiane.
La selezione dei dieci paesi bandiera e dei dieci frontiera, secondo criteri socio economici ed istituzionali, è un aspetto di questa attività che si svilupperà con valutazioni annuali su cinque paesi bandiera e cinque paesi frontiera basate sul modello statistico definito da Denis Pantini e Daniele Rossi segretario generale di Agronetwork.
Agronetwork e le associazioni imprenditoriali sollecitano il coordinamento dei sostegni pubblici all’export secondo indirizzi strategici nazionali; tuttavia Guido Magnoni responsabile dell’Ufficio Agroalimentare di ITA-ICE, ha posto in evidenza il notevole impegno attuale come possibile punto di partenza. Il governo italiano ha finanziato un programma straordinario di promozione del made in Italy destinando in media 45 milioni di euro annuali al settore alimentare.
Le recenti campagne per migliorare la reputazione del prodotto italiano hanno raggiunto due miliardi di contatti tramite le reti telematiche mondiali.
Non a caso, le azioni promozionali di ITA-ICE sono concentrate sugli stessi mercati qui scelti come paesi bandiera e frontiera.
Uno degli obiettivi è ottenere accordi di commercializzazione con la grande distribuzione organizzata, settore dove l’Italia a differenza di altre nazioni non vanta grandi catene presenti all’estero.
Diversa, economico-finanziaria anziché promozionale, è la modalità di sostegno che lo stato italiano, tramite la Cassa Depositi e Prestiti, ha affidato a Simest e, per la parte assicurativa, Sace. Salvatore Rebecchini, presidente di Simest, ha spiegato i meccanismi di intervento che al momento riguardano nell’ambito agroalimentare 14 partecipazioni e circa 100 finanziamenti.
Investire all’estero si dimostra utile allo sviluppo nel mercato locale, considerato che il 45% delle esportazioni italiane è realizzato da aziende che hanno fatto questa scelta, ha aggiunto Rebecchini. Inoltre la presenza di un socio espressione dello stato italiano agevola notevolmente gli accordi, soprattutto in paesi con barriere non tariffarie.
Non essendo ammessi aiuti statali nei rapporti economici interni alla Unione Europea, il sostegno delle agenzie pubbliche è rivolto ai mercati extra-europei dove le esportazioni italiane sono finora molto meno sviluppate che nella UE, nella quale si concentrano ben il 67% delle nostre esportazioni di agrifood made in Italy.
La sfida del contrasto e della resilienza di fronte al cambiamento climatico è molto seria. Lo chiarisce subito il dato degli effetti sulle quattro colture che coprono due terzi del fabbisogno calorico dell’umanità: ogni aumento di un grado Celsius di temperatura globale riduce la produzione di frumento del 6%, di mais del 7,4, del riso del 3,2, della soia del 3,1.
Il ruolo che può essere svolto da aziende di credito presenti con sportelli e filiali su scala internazionale e con strutture specializzate per il settore agricolo ed alimentare è stato descritto da Massimo Maccioni Responsabile Sviluppo Imprese della BNL BNP Paribas, una banca che riconosce l’importanza dell’imprenditoria italiana, soprattutto per la capacità di generare valore aggiunto valorizzando la qualità, nonostante i quantitativi non possano eguagliare paesi con estensioni ben maggiori.
L’Italia, ha ricordato Maccioni, è tra i paesi con più certificazioni di qualità d’Europa anche se potrebbe essere penalizzata da reiterati tentativi di italian sounding che potrebbero generare sospetto riguardo le caratteristiche qualitative di prodotti autenticamente italiani.
Esportazione e internazionalizzazione, sono per Confagricoltura obiettivi prioritari da raggiungere anche attraverso la cooperazione tra attori di filiera, la formazione e il trasferimento di conoscenza, l’azione sinergica degli operatori istituzionali. Lo ha confermato Giordano Emo Capodilista, componente di giunta della confederazione.
Giordano Emo Capodilista ha anche portato l’attenzione su due criticità.
Occorrono accordi bilaterali per contrastare le misure protezionistiche, variamente presentate, che sono in aumento soprattutto verso i prodotti agricoli.
Nel territorio italiano, invece, pesa negativamente la carenza di infrastrutture nelle aree agricole e per i trasporti.
Il rappresentante degli agricoltori ha invitato a ricordare che sono i prodotti buoni ad avere creato l’immagine del “made in Italy”, non questa a far percepire buoni i prodotti. E servono cuochi e camerieri formati in Italia per proporre questi prodotti.
La attesa di strategie nazionali condivise e di collaborazione tra imprenditori, non deve essere considerata impedimento ad azioni vincenti delle singole aziende, anche piccole.
Interessante in proposito l’esempio, raccontato da Annibale Pancrazio, della azienda di famiglia che, dopo essersi trasformata da azienda agricola in azienda esclusivamente di trasformazione industriale, ha saputo diversificare i prodotti affiancando alle tradizionali conserve di pomodoro quelle di legumi e altri vegetali.
Tra i vantaggi la utilizzazione per l’intero anno di impianti e personale, anziché subire passivamente la stagionalità del pomodoro, peraltro fondamentale prodotto italiano nei raccolti, quantitativamente secondo solo agli USA, in pratica la California, ma al primo posto per i prodotti finiti e le esportazioni.
Nove certificazioni di qualità con prodotti “biologici” di eccellenza, attività collaterali anche per la autosufficienza energetica e la distribuzione delle esportazioni in quaranta nazioni, con frazionamento dei “rischi paese”, hanno portato Pancrazio s.p.a ad una solidità sufficiente a farsi riconoscere condizioni di credito vantaggiose.
Ma il radicamento nel territorio fa sentire le proprie ragioni anche alle grandi imprese multinazionali che le sappiano ascoltare ed ottenerne i frutti.
E’ il caso della Heineken, narrato da Alfredo Pratolongo Direttore Comunicazione e Affari Istituzionali per l’Italia.
La azienda ha avuto forte sviluppo nel nostro paese, acquistando e facendo crescere la Birra Moretti e la Ichnusa, valorizzandone le caratteristiche fortemente connesse al territorio.
Comprendere lo stile di vita italiano ha portato a proporre la birra come bevanda da pasto nel mercato nazionale, cosa ovvia per gli italiani ma non per popolazioni dagli alti consumi con modalità che nel nostro paese si considerano poco raccomandabili.
La cultura dell’azienda, multinazionale ma su base familiare, e la necessità di contenere gli elevati costi di trasporto hanno portato Heineken ad ottimizzare cicli produttivi e commerciali prevalentemente interni al mercato nazionale e per quanto possibile autosufficienti.
Guido Folonari, membro del comitato di presidenza di Agronetwork e amministratore di Philarmonica s.p.a., ritiene debba essere riconosciuto il merito di chi ha saputo valorizzare l’immagine italiana nella ristorazione rendendola di moda e successo, ma raccomanda attenta riflessione sulle criticità.
Tra gli altri elementi positivi per il settore tre sono a suo avviso i principali punti di forza: 1) differenziazione locale dei prodotti; 2) focalizzazione sulle eccellenze; 3) iniziativa individuale.
E tre sono invece le debolezze, paradossalmente le stesse valutate positivamente sopra : 1) differenziazione locale dei prodotti; 2) focalizzazione sulle eccellenze; 3) iniziativa individuale.
Alle imprese italiane manca una “cabina di regia”, tanti enti pubblici e società private propongono insistentemente i propri servizi aumentando la frammentazione delle attività. In troppi casi l’impresa che produce promozione sembra prevalere su quella da promuovere.
Ad avviso di Guido Folonari occorrerebbe un Ministero dell’agroalimentare e del turismo per valorizzare positivamente caratteristiche del tessuto imprenditoriale che rischiano effetti negativi se non coordinate e bilanciate.
Altro problema strategico della debolezza sistemica italiana è la inesistenza di reti di distribuzione internazionali di proprietà italiana, mentre i prodotti di altre nazioni, rappresentati in modo più collegiale, trovano anche spazi di esportazione nelle grandi catene dirette dal loro paese.
Di nuovi modelli nutrizionali e stili di vita ha parlato Sara Farnetti, specialista medicina interna e fisiopatologia della nutrizione e del metabolismo.
La attenzione crescente per stili di vita che favoriscano salute e longevità e le nuove ricerche scientifiche stanno modificando le aspettative riguardo i prodotti alimentari.
Questo può orientare l’industria alimentare a sviluppare nuovi prodotti ma è importante contrastare pregiudizi falsamente scientifici e far comprendere che le caratteristiche desiderate si trovano già in molti alimenti della tradizione italiana, prodotti direttamente agricoli o con trattamenti molto semplici.
Bisogna saper narrare in modo efficace i vantaggi di questi consumi che, opportunamente calibrati, possono prevenire seri danni alla salute di gran parte della popolazione.
In conclusione, Luisa Todini, ha rilevato che “Italian Food Style” corrisponde ad un’intera filiera con radici nel territorio e ad uno stile di vita importante anche perché tutto è collegato a ciò che si mangia e l’alimentazione italiana può addirittura contenere la spesa sanitaria.
Tuttavia il paese non può fermarsi al solo localismo e Agronetwork è impegnato a fare la propria parte sia con le informazioni e riflessioni del convegno sia con la attività consulenziale e promozionale.
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